... La prima volta che vedemmo il “nonno” aveva circa 400 anni e stava morendo; aveva un unico ramo ancora verde che si protendeva, oltre l’intrigo della macchia, a cercare un po’ di luce.
Questo castagno che adesso ha una bellissima chioma e produce circa 50 kg di marroni si trova all’interno del castagneto del casone ed è stato piantato in tempi molto lontani per dare sostentamento a popolazioni che avevano ben poco per sopravvivere.
Di questa avventura Luigi ne è l’artefice noi della famiglia suoi paladini fedeli. Mentre Luigi lo puliva era come riaprire un vecchio libro di famiglia, polveroso e dimenticato in un angolo; castagni secolari tornavano alla luce per raccontare la storia delle nostre montagne e della nostra gente.
“Il Castagneto del Casone” rappresenta, per la nostra famiglia, un piccolo reddito aggiuntivo in un momento di crisi e soprattutto una passione per il bosco e i suoi prodotti.
L’iscrizione al “Consorzio dei Castanicoltori dell’Appennino Bolognese” ci ha messo in contatto con altre persone che hanno la nostra passione con le quali condividiamo idee e strategie.
L’intento di questo progetto è quello di dare un volto nuovo alla produzione del Marrone Biondo nelle nostre zone sviluppando nuove tecniche di produzione attraverso nuovi sistemi di potatura e innesto nonché nuovi sistemi di lotta biologica integrata; l’uso dell’informatica e di un tipo diverso di commercializzazione può aiutarci ad un maggiore visibilità. Secondo ma, sicuramente non secondario, far conoscere a chi è interessato, storia cucina tradizione della montagna.
Il “Marrone Biondo” è presente sul territorio dell’Appennino Bolognese sin da epoche remote e prende il nome dai suoi inconfondibili riflessi dorati. Secondo la tradizione, esso raggruppa diverse varietà locali indicate con il nome della località di coltivazione come, ad esempio, il marrone di “Monghidoro”, di “Monte Pastore”, di “Monzuno”, di “Scanello”, di “Gavignano” ed altri ancora.
La coltivazione e la raccolta del marrone sono tra le attività più antiche e tradizionali e ancora oggi la passione e il lavoro dei castanicoltori ci permette di poter assaggiare un frutto che è diventato un simbolo di convivialità e di gusto, rallegrandoci le fredde sere invernali.
Allo scopo di tutelare e valorizzare il “Marrone Biondo” molti castanicoltori si sono uniti a formare il Consorzio Castanicotori dell’Appennino Bolognese.
Maggiori informazioni: http://www.tipicappennino.it
I soci del Consorzio sono presenti nel territorio di ben tre Comunità Montane: “Cinque Valli Bolognesi”, “Alta e Media Valle del Reno” e la “Valle del Samoggia”. Il Consorzio garantisce la provenienza e la qualità di questo preziosio frutto.
La coltivazione della castagna, fondamentale in passato per il sostentamento delle popolazioni di montagna, forniva anche legname, tannino per laconcia delle pelli e un tempo come oggiil castagnetoera un ambiente adatto per i funghi e per la produzione di miele.
Nel tempo la coltivazione del castagno ha contribuito notevolmente a disegnare il paesaggio degli Appennini, oggi meta di numerosi escursionisti.
Dal marrone Biondo si ottengono dolci “Brusé” (o caldarroste) o le delicate “Baluse” (marroni lessati) ma la tradizione offre numerose altre variati sottoforma di conserve, fari ne, dolci da riscoprire e gustare in pieno.
I nostri marroni dolci e biondi si cominciano a raccogliere, a seconda dell'andamento stagionale, ai primi giorni di ottobre. Già dalla prima domenica di ottobre siamo presenti sul castagneto anche per la vendita diretta. In questo modo è possibile avere "sul campo" tutte le informazioni sul prodotto sia per quanto riguarda il consumo e la conservazione.
Per far conoscere meglio questo ottimo prodotto autunnale siamo presenti a diverse sagre e mercatini rionali così detti a km 0 dove diversi produttori agricoli vendono frutta e verdura da loro prodotta mettendoci la faccia e soprattutto potendo in questo modo approfondire il rapporto produttore consumatore con un maggiore risparmio economico e una maggiore qualità.
...E' finita la raccolta, l'inverno alle porte è ora di fare la farina di marroni.Ciò che rimane della produzione viene portata al seccatoio che è in genere una costruzione costituita da due piani separati da un graticcio: al piano superiore vengono messi i marroni e a quello inferiore viene fatto un fuoco che lentamente produce calore necessario per essiccare i marroni. Dopo un tempo variabile dai 20 ai 40 giorni i marroni vengono messi in una macchina che batte il prodotto per togliere le bucce che vengono allontanate per mezzo di un soffiatore. Il prodotto così ottenuto passa alla fase successiva che è quella che determina la qualità della farina: la selezione prima della macinatura. Con tutta la pazienza possibile necessaria per un prodotto come questo utilizziamo tutta la famiglia compresi i nonni che, si sa, hanno più tempo, togliamo a mano tutte le impurità presenti. Si separano i marroni interi, che verranno venduti a parte, da quelli spezzati destinati al mulino.
Finalmente si va al mulino! Il mugnaio prima di macinare controlla con un coltellino affilato se i marroni sono secchi al punto giusto: apre tre o quattro marroni se solo la polpa di uno si attacca al coltello si torna al seccatoio! Superata la prova coltello possiamo macinare. I sacchi sono riempiti e si torna a casa attraversando il nostro bellissimo Appennino tra rosse faggete e cieli solcati da nuvole autunnali; ma, la sensazione che ho, è quella di avere metaforicamente attraversato secoli della nostra storia di caparbi montanari che, nonostante le difficoltà, non si arrendono ma ripartano da qui per costruire qualcosa di nuovo!
Alcuni pionieri della castanicoltura nelle nostre zone tra cui Germano Lolli autore con Maurizio Musolesi del libro "Il Castagneto da frutto", hanno reso più produttivo il castagneto applicando nuove tecniche sia per l'innesto che per la potatura, la loro passione applicata giornalmente alla pratica, ha reso possibile sia un aumento di produzione che un aumento di qualità e pezzatura del prodotto Voglio comunque ricordare che sul marroneto non viene fatto nessun trattamento chimico per cui il prodotto è da ritenersi BIOLOGICO AL 100 per 100.